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Uno stile personalissimo, che può a tratti ricordare le illustrazioni di Norman Rockwell, attenti al particolare, diversi nel modo di dipingere ma simili nel portare l’attualità della vita su tela. Questo potrebbe essere un profilo delle opere di Giulia Crimaldi, nata a Cormons con la passione per la natura, i pesci, la vita quotidiana e soprattutto la potente forza della Sicilia, terra d’origine.

«Ho sempre coltivato la passione per l’artigianato e i lavori manuali sin da bambina, compreso il disegno, la base artistica che mi ha portato ad amare tutto ciò che è immagine – ci dice Giulia Crimaldi davanti ad un buon caffè – Diversi anni fa ho iniziato a frequentare la bottega dei maestri Ivano e Gabriele Bonato e, successivamente, altri corsi di approfondimento della tecnica pittorica a olio e acrilico su tela e di disegno dal vero. 

Mi piace la fotografia, che viro, a volte, in impressionismo».
 


Un percorso comune a molti artisti, di certo, ma declinato con un forte impatto personale che ne fa un’artista interessante per temi, contenuti, esecuzione.

E’ evidente, ammirando le opere di Giulia Crimaldi, che ha una predisposizione per la pittura figurativa, attraverso la quale racconta storie di antiche botteghe, di librerie, di frutta, di pesci con una predilezione per il ritratto anche, e soprattutto, in stile pop art.

I miei bisogni espressivi si basano sulla raffigurazione anche di scene molto dettagliate di negozi e librerie, dove si debba sentire l’odore delle cose e si riconoscano i volti delle persone, evocando ricordi. Tutti hanno un passato e tutti ricordano il passato immaginandolo a proprio piacimento…».

Women’s Pop Heart, GalerieNOI Paris: “Qualche anno fa, l’incontro con l’architetto e designer Carlo Rampazzi di Ascona (CH) ha acceso una nuova avventura, una collaborazione nella realizzazione di ritratti in stile Pop Art, dove i colori diventano protagonisti nel raccontare la personalità dei soggetti. Da lì a breve ho esposto proprio nella GalerieNOI di Sergio Villa e Carlo Rampazzi presso la splendida Saint Germain de Près a Parigi, un’esperienza indimenticabile” – prosegue Giulia – Altre mostre personali anche a Palermo, St Moritz, Trieste (2021).

#FISHKISS: È molto particolare l’attitudine al ritratto di creature marine, pesci… 
“Adoro farlo; ogni pesce ha un nome proprio che gli attribuisco guardandolo, il ricordo di una persona, l’evocazione di qualcosa – continua Giulia Crimaldi – ho deciso di usare tutti i lati della tela, perché così non mi costringo all’interno di un perimetro; i miei pesci sono quelli semplici dei banchi e dei mercati ma nuovamente salvi, iridescenti dai riflessi di un mondo vivo che li circonda, nuovamente a nuotare in un nero assoluto che per me vuol dire infinito”.

Anche la natura morta è un tema che l’appassiona: luce puntata e sfondo nero. 
Ogni cosa sembra dare delle risposte precise.

E poi ancora i Fichi d’India, dal pop all’iperrealismo…

«Cos’è per me dipingere? Non è una domanda facile, ma di certo racchiude una serie di importanti concetti – conclude Giulia Crimaldi – Libertà, Viaggio, Potere creativo, Dominanza del mezzo pittorico, Espressione (non esprimo volentieri a parole ma le immagini le sento mie), Comunicazione, Dedica, Dono, Rinascita, Passione. Potrei andare avanti all’infinito esplorando tutta la tavolozza dei concetti, ma credo che questi bastino».

La libreria Saba

Si ritrova tutto nel racconto di Umberto Saba, “Storia di una libreria” (1948).
“Mi piacerebbe, adesso che sono vecchio, dipingere con tranquilla innocenza il mondo meraviglioso. E, fra le altre cose, la mia oscura bottega di Via San Nicolò 30 a Trieste; quella che, quando l’amava e passava volentieri fra le sue pareti le sue ore d’ozio, il mio amico Nello Stock chiamava, non senza qualche buona ragione, «la bottega dei miracoli».

Passando una mattina del 1919 per Via San Nicolò, vidi, o notai per la prima volta, quell’antro oscuro. Pensai: «Se il mio destino fosse di passare là dentro la mia vita, quale tristezza». Era – senza che io ancora lo sapessi – un monito o un presagio.


Pochi giorni dopo infatti l’acquistai dal suo vecchio proprietario, Giuseppe Maylàender. L’acquistai con l’intenzione di buttare nell’Adriatico tutti quei vecchi libri che conteneva, e rivenderla vuota a un prezzo maggiore. Ma dopo pochi giorni, non ebbi più il coraggio di attuare il primo progetto; quei vecchi libri – nessuno dei quali m’interessava per il contenuto – mi avevano incantato. Cercavo anche una sistemazione per la mia vita”.

Il resto è colore, fissato dall’immaginazione. O meglio, nella trasposizione della stessa.

(Massimo Terracina)

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